Semiramide, libretto, Torino, Zappata, 1742

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Sala regia. Varie credenze intorno con vasi trasparenti. Gran mensa imbandita nel mezzo con quattro sedili intorno ed una sedia in faccia.
 
 SIBARI e poi IRCANO con ispada nuda
 
 SIBARI
 Ministri, al re sia noto (Parte una guardia)
 che già pronta è la mensa. È giunto il tempo
610che l'accortezza mia
 col morir di Scitalce il grave inciampo
 mi tolga d'un rivale e m'assicuri
 che mai scoprir non possa
 la sua voce, il mio scritto
615quanto Sibari un dì finse in Egitto.
 IRCANO
 E pure il giungerò. Dov'è Scitalce?
 Ov'è Tamiri? È questo
 il luogo della mensa?
 SIBARI
                                         E qual furore
 t'arma la destra?
 IRCANO
                                  Io vuo' Scitalce estinto.
 SIBARI
620(Ah di costui lo sdegno
 scompone il mio disegno).
 IRCANO
 Additami dov'è!
 SIBARI
                                 Ma che farai?
 IRCANO
 Che farò! Mi vedrai con questo acciaro
 dell'ingiusto imeneo troncare il laccio.
625Alla sua sposa in braccio
 cadrà il rivale, andrà la mensa a terra
 e lo sparso farò Lieo spumante
 scorrer col sangue infra le tazze infrante. (In atto di partire)
 SIBARI
 Ferma.
 IRCANO
                 Non m'arrestar.
 SIBARI
                                                Ma tu non brami
630Scitalce estinto?
 IRCANO
                                 Sì.
 SIBARI
                                         Dunque ti placa,
 egli morrà, fidati a me. Salvarlo
 sol potrebbe il tuo sdegno.
 IRCANO
                                                  Io non intendo.
 Corro prima a svenarlo e poi l'arcano
 mi spiegherai.
 SIBARI
                              Ma senti. (A lui conviene
635tutto scoprir). Poss'io di te fidarmi?
 IRCANO
 Parla.
 SIBARI
              Per odio antico
 Scitalce è mio nemico. Il torto indegno,
 che al tuo merto si fa, cresce il mio sdegno.
 Ond'io, ma non parlar, già nella mensa
640preparai la sua morte.
 IRCANO
                                           E come?
 SIBARI
                                                             È certo
 che Scitalce è lo sposo, a lui Tamiri
 dovrà, com'è costume,
 il primo nappo offrir; per opra mia
 questo sarà d'atro veleno infetto.
 IRCANO
645Se m'inganni...
 SIBARI
                               Ingannarti! E chi sottrarmi
 potrebbe al tuo furore?
 Passami allor con questo ferro il core.
 IRCANO
 Mi fiderò ma poi... (Ripone la spada)
 SIBARI
 Taci, che il re già s'avvicina a noi.
 
 SCENA II
 
 SEMIRAMIDE, TAMIRI, MIRTEO, SCITALCE, seguiti da’ paggi e da cavalieri e detti
 
 SEMIRAMIDE
650Ecco il luogo, o Tamiri,
 ove gli altrui sospiri
 attendono da te premio e mercede.
 (Io tremo e fingo).
 TAMIRI
                                     Ogni misura eccede
 la real pompa e nella reggia assira
655non s'introdusse mai
 con più fasto il piacer.
 MIRTEO
                                           Qui la tua cura
 del ricco Gange e dell'eoe maremme
 i tesori e le gemme
 tutte adunò.
 SCITALCE
                          Da mille faci e mille
660vinta è la notte e ripercosso intorno
 fiammeggia oltre il costume
 fra l'ostro e l'or multiplicato il lume.
 SEMIRAMIDE
 Scitalce, al nuovo sposo
 io preparai la fortunata stanza
665pegno dell'amor mio.
 SCITALCE
                                          (Finge costanza).
 Ah se quello foss'io
 chi più di me saria felice?
 SEMIRAMIDE
                                                  (Ingrato!)
 IRCANO
 Come mai del tuo fato (A Scitalce)
 puoi dubitar? Saggia è Tamiri e vede
670che il più degno tu sei.
 MIRTEO
                                            Che ascolto! Ircano
 chi mai ti rese umano?
 Dov'è il tuo fuoco e l'impeto natio?
 IRCANO
 Comincio amico ad erudirmi anch'io.
 TAMIRI
 Così mi piaci.
 MIRTEO
                             È molto.
 SCITALCE
                                               Io non intendo
675se da senno o per gioco
 parla così. (A Semiramide e a Tamiri)
 IRCANO
                       (M'intenderai fra poco).
 SEMIRAMIDE
 Più non si tardi. Ognuno
 la mensa onori e intanto
 misto risuoni a liete danze il canto. (Dopo seduta nel mezzo Semiramide siedono alla destra di lei Tamiri e poi Scitalce. Alla sinistra Mirteo, poi Ircano. Sibari in piedi appresso Ircano.)
 
 CORO
 
680   Il piacer, la gioia scenda
 fidi sposi al vostro cor.
 
    Imeneo la face accenda,
 la sua face accenda Amor.
 
 PARTE DEL CORO
 
    Fredda cura, atro sospetto
685non vi turbi e non v'offenda
 e d'intorno al regio letto
 con purissimo splendor...
 
 CORO
 
    Imeneo la face accenda,
 la sua face accenda Amor.
 
 PARTE DEL CORO
 
690   Sorga poi prole felice
 che ne' pregi egual si renda
 alla bella genitrice,
 all'invitto genitor.
 
 CORO
 
    Imeneo la face accenda,
695la sua face accenda Amor.
 
 PARTE DEL CORO
 
    E se fia che amico nume
 lunga età non vi contenda,
 a scaldar le fredde piume,
 a destarne il primo ardor...
 
 CORO
 
700   Imeneo la face accenda,
 la sua face accenda Amor.
 
 SEMIRAMIDE
 In lucido cristallo aureo liquore,
 Sibari, a me si rechi.
 SIBARI
                                         (Ardir mio core). (Va a prender la tazza)
 IRCANO
 (Il colpo è già vicino).
 MIRTEO
                                          (Oh dio! S'appressa
705il momento funesto).
 TAMIRI
 (Che gioia!)
 SCITALCE
                          (Che sarà!)
 SEMIRAMIDE
                                                 (Che punto è questo!)
 SIBARI
 Compito è il cenno. (Sibari posa la sottocoppa con la tazza avanti a Semiramide e va a lato d’Ircano)
 SEMIRAMIDE
                                       Or prendi,
 Tamiri, e scegli. Il sospirato dono (Dà la tazza a Tamiri)
 presenta a chi ti piace
710e goda quegli il grand'acquisto in pace.
 TAMIRI
 Il dubbio, o prenci, in cui finor m'involse
 l'eguaglianza de' merti,
 discioglie il genio e non offende alcuno,
 se al talamo ed al trono
715l'un o l'altro solleva.
 Ecco lo sposo e il re; Scitalce beva. (Tamiri posa la tazza avanti Scitalce)
 SEMIRAMIDE
 (Io lo previdi).
 MIRTEO
                              (Oh sorte!)
 SCITALCE
 (Ah qual impegno!)
 SIBARI
                                       (Or s'avvicina a morte).
 IRCANO
 Via Scitalce, che tardi? Il re tu sei.
 SCITALCE
720(E deggio in faccia a lei
 annodarmi a Tamiri?)
 TAMIRI
 Egli è dubbioso ancora. (A Semiramide)
 SEMIRAMIDE
 Alfin risolvi.
 SCITALCE
                          E Nino
 lo comanda a Scitalce?
 SEMIRAMIDE
                                            Io non comando,
725fa' il tuo dover.
 SCITALCE
                               Sì lo farò. (L'ingrata
 si punisca così). D'ogni altro amore
 mi scordo in questo punto... Ah non ho core. (Volendo bere e poi s’arresta)
 Porgi a più degno oggetto
 il dono, o principessa, io non l'accetto. (Posa la tazza)
 TAMIRI
730Come!
 SIBARI
                (Oh sventura!)
 IRCANO
                                              E lei ricusi allora
 che al regno ti destina? (A Scitalce)
 Non s'offende in tal guisa una regina.
 SEMIRAMIDE
 Qual cura hai tu, se accetta
 o se rifiuta il dono? (Ad Ircano)
 MIRTEO
735Lascialo in pace.
 IRCANO
                                 Io sono
 difensor di Tamiri. (A Semiramide) E tu non devi (A Scitalce)
 la tazza ricusar, prendila e bevi.
 TAMIRI
 Principe, invan ti sdegni, ei col rifiuto
 non me, sé stesso offende
740e al demerito suo giustizia rende.
 IRCANO
 No no, voglio ch'ei beva.
 TAMIRI
                                               E taci. Intanto
 per degno premio al tuo cortese ardire
 l'offerta di mia mano
 ricevi tu con più giustizia, Ircano. (Prende la tazza in atto di darla ad Ircano)
 IRCANO
745Io!
 TAMIRI
         Sì, con questo dono
 te destino al mio trono, all'amor mio.
 IRCANO
 (Sibari, che farò?) (Piano a Sibari)
 SIBARI
                                      (Mi perdo anch'io). (Piano ad Ircano)
 TAMIRI
 Perché taci così? Forse tu ancora
 vuoi ricusarmi?
 IRCANO
                                No, non ti ricuso.
750Penso... Vorrei... Ma temo... (Io son confuso).
 SEMIRAMIDE
 Principe tu non devi
 un momento pensar, prendila e bevi.
 Troppo il rispetto offendi
 a Tamiri dovuto.
 MIRTEO
755Ma parla.
 TAMIRI
                     Ma risolvi.
 IRCANO
                                           Ho risoluto. (S’alza e prende la tazza)
 Vada la tazza a terra. (Getta la tazza)
 SCITALCE
 E qual furore insano...
 IRCANO
 Così riceve un tuo rifiuto Ircano.
 TAMIRI
 Ah questo è troppo. Ognun disprezza il dono.
760Dunque ridotta io sono (S’alza e seco tutti)
 a mendicar chi le mie nozze accetti?
 Forse per oltraggiarmi
 in Assiria veniste? O il mio sembiante
 è deforme a tal segno
765che a farlo tollerar non basti un regno?
 SEMIRAMIDE
 È giusta l'ira tua.
 MIRTEO
                                  Dell'amor mio
 dovresti, o principessa...
 TAMIRI
                                               Alcun d'amore
 più non mi parli. Io sono offesa e voglio
 punito l'offensor. Scitalce mora.
770Ei col primo rifiuto
 il mio dono avvilì. Chi sua mi brama
 a lui trafigga il petto,
 venga tinto di sangue ed io l'accetto.
 
    Tu mi disprezzi ingrato (A Scitalce)
775ma non andarne altero;
 trema d'aver mirato
 superbo il mio rossor.
 
    Chi vuol di me l'impero
 passi quel core indegno.
780Voglio che sia lo sdegno
 foriero dell'amor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 SEMIRAMIDE, SCITALCE, MIRTEO, IRCANO e SIBARI
 
 SEMIRAMIDE
 (Il mio bene è in periglio
 per essermi fedel).
 IRCANO
                                      Scitalce andiamo;
 all'offesa Tamiri
785il dono offrir della tua testa io voglio.
 SCITALCE
 Vengo e di tanto orgoglio
 arrossir ti farò. (Scitalce in atto di partire con Ircano)
 SEMIRAMIDE
                                (Stelle che fia!)
 MIRTEO
 Arrestatevi olà, l'impresa è mia.
 IRCANO
 Io primiero al cimento
790chiamai Scitalce.
 MIRTEO
                                  Io difensor più giusto
 son di Tamiri.
 IRCANO
                             Ella di te non cura
 né mai ti scelse.
 MIRTEO
                                Ella ti sdegna offesa
 dal tuo rifiuto.
 IRCANO
                              E tu pretendi...
 MIRTEO
                                                            E vuoi...
 SCITALCE
 Tacete, è vano il contrastar fra voi.
795A vendicar Tamiri
 venga Ircano, Mirteo, venga uno stuolo,
 solo io sarò né mi sgomento io solo. (In atto di partire)
 SEMIRAMIDE
 Fermati. (Oh dio!)
 SCITALCE
                                     Che chiedi?
 SEMIRAMIDE
                                                             In questa reggia,
 sugli occhi miei Tamiri
800il rifiuto soffrì. Prima d'ogni altro
 io son l'offeso e pria d'ogni altro io voglio
 l'oltraggio vendicar; qui prigioniero
 resti Scitalce e qui deponga il brando.
 Sibari, sia tuo peso
805la custodia del reo.
 SCITALCE
                                     Come!
 SIBARI
                                                    Che intendo!
 SEMIRAMIDE
 (Così non mi paleso e lo difendo).
 SCITALCE
 Ch'io ceda il brando mio?
 SEMIRAMIDE
 Non più, così comando, il re son io.
 SCITALCE
 Così comandi e parli
810a Scitalce così? Colpa sì grande
 ti sembra il mio rifiuto? Ah troppo insulti
 la sofferenza mia; qui potrei farti
 forse arrossire.
 SEMIRAMIDE
                               Olà t'accheta e parti.
 SCITALCE
 Ma qual perfidia è questa! Ove mi trovo!
815Nella reggia d'Assiria o fra i deserti
 dell'inospita Libia? Udiste mai
 che fosse più fallace
 il Moro infido o l'Arabo rapace?
 No no; l'Arabo, il Moro
820ha più idea di dovere,
 han più fede tra loro anche le fiere. (Getta la spada)
 
    Voi che le mie vicende, (Ad Ircano)
 voi che i miei torti udite (A Mirteo)
 fuggite, sì fuggite,
825qui legge non s'intende,
 qui fedeltà non v'è.
 
    E puoi tiranno, e puoi
 senza rossor mirarmi? (A Semiramide)
 Qual fede avrà per voi
830chi non la serba a me? (Parte)
 
 SCENA IV
 
 SEMIRAMIDE, IRCANO e MIRTEO
 
 SEMIRAMIDE
 (Conoscerai fra poco
 che son pietosa e non crudel).
 MIRTEO
                                                        Perdona,
 signor, s'io troppo ardisco. Il tuo comando
 Scitalce a un punto e la mia speme oltraggia.
 IRCANO
835Perché mi si contende
 il trionfar di lui?
 SEMIRAMIDE
                                  Chi mai t'intende?
 Or Tamiri non curi ed or la brami.
 MIRTEO
 Ma tu l'ami o non l'ami?
 IRCANO
 Nol so.
 SEMIRAMIDE
                Se amavi allor, come in te nacque
840d'un rifiuto il desio?
 IRCANO
                                        Così mi piacque.
 MIRTEO
 Se ti piacque così, perché la pace
 or mi vieni a turbar?
 IRCANO
                                         Così mi piace.
 MIRTEO
 Strano piacer! Dell'amor mio ti fai
 rivale, Ircano, ed il perché non sai.
 IRCANO
845Quante richieste! Alfine
 che vorreste da me?
 SEMIRAMIDE
                                        Da te vorrei
 ragion dell'opre tue.
 MIRTEO
                                        Saper desio
 qual core in seno ascondi.
 SEMIRAMIDE
 Spiegati.
 MIRTEO
                    Non tacer.
 SEMIRAMIDE
                                         Parla.
 MIRTEO
                                                      Rispondi.
 IRCANO
 
850   Saper bramate
 tutto il mio core?
 Non vi sdegnate,
 lo spiegherò.
 
    Mi dà diletto
855l'altrui dolore,
 perciò d'affetto
 cangiando vo.
 
    Il genio è strano,
 lo veggo anch'io;
860ma tento invano
 cangiar desio,
 l'istesso Ircano
 sempre sarò. (Parte)
 
 SCENA V
 
 SEMIRAMIDE e MIRTEO
 
 MIRTEO
 Vedi quanto son io
865sventurato in amore, un tal rivale
 si preferisce a me.
 SEMIRAMIDE
                                     Non è Tamiri
 sposa finor; molto sperar tu puoi.
 Scitalce è prigionier; si rese Ircano
 dell'imeneo col suo rifiuto indegno;
870facilmente otterrai la sposa e il regno.
 MIRTEO
 Che giova il merto? Io soffrirò ma poi
 chi ragion mi farà? Forse Tamiri?
 SEMIRAMIDE
 Avranno i tuoi sospiri
 da lei mercede; a tuo favore io stesso
875tutto farò. Ti bramerei felice.
 MIRTEO
 Come goder mi lice
 la tua pietà?
 SEMIRAMIDE
                          Ti meravigli, o prence,
 perché il mio cor non vedi.
 Tu più caro mi sei di quel che credi.
 MIRTEO
 
880   Io veggo in lontananza
 fra l'ombre del timor
 di credula speranza
 un languido splendor
 che inganna e piace.
 
885   Avvezzo a ritrovarmi
 son io fra tante pene
 che basta a consolarmi
 l'immagine d'un bene,
 ancor fallace. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 SEMIRAMIDE
 
 SEMIRAMIDE
890Di Scitalce il rifiuto
 è una prova d'amor. Questa mi toglie
 de' tradimenti suoi
 l'immagine nel cor. Questa risveglia
 le mie speranze e questa
895mille teneri affetti in sen mi desta.
 T'intendo amor, mi vai
 la sua fé rammentando e non gl'inganni.
 Quant'è facile mai
 nelle felicità scordar gli affanni!
 
900   Il pastor se torna aprile
 non rammenta i giorni algenti;
 dall'ovile all'ombre usate
 riconduce i bianchi armenti
 e l'avene abbandonate
905fa di nuovo risuonar.
 
    Il nocchier placato il vento
 più non teme o si scolora
 ma contento in su la prora
 va cantando in faccia al mar. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 Appartamenti terreni.
 
 SIBARI, poi IRCANO
 
 SIBARI
910L'accortezza a che val, se ognor con nuovi
 impensati accidenti
 la fortuna nemica
 d'ogni disegno mio le fila intrica?
 Tutto ho tentato invano,
915vive Scitalce e sa la trama Ircano.
 IRCANO
 Vieni Sibari.
 SIBARI
                           E dove?
 IRCANO
 A Tamiri.
 SIBARI
                     Perché?
 IRCANO
                                      Voglio che a lei
 discolpi il mio rifiuto.
 SIBARI
                                           Il suo pensiero
 come appagar?
 IRCANO
                               Con palesarle il vero.
 SIBARI
920Il vero!
 IRCANO
                 Sì; tu le dirai ch'io l'amo,
 che per non ber la morte
 la ricusai, ch'era la tazza aspersa
 di nascosto velen, che tua la cura
 fu d'apprestarlo e che dai detti tui
925l'inganno a favorir sedotto io fui.
 SIBARI
 Signor che dici? E pubblicar vogliamo
 un delitto comun? Reo della frode
 saresti al par di me. Fra lor di colpa
 differenza non hanno
930chi meditò, chi favorì l'inganno.
 IRCANO
 D'un desio di vendetta alfin Tamiri
 mi creda reo, non del rifiuto e sappia
 perché la ricusai.
 SIBARI
                                  Troppo mi chiedi,
 ubbidir non poss'io.
 IRCANO
935E ben, taccia il tuo labbro e parli il mio. (In atto di partire)
 SIBARI
 Senti; (al riparo). Il tuo parlar scompone
 un mio pensier che può giovarti.
 IRCANO
                                                              E quale?
 SIBARI
 Pria che sorga l'aurora, io di Tamiri
 possessor ti farò.
 IRCANO
                                  Come?
 SIBARI
                                                  Al tuo cenno
940su l'Eufrate non hai
 navi, seguaci ed armi?
 IRCANO
                                            E ben, che giova?
 SIBARI
 Ai reali giardini il fiume istesso
 bagna le mura e si racchiude in quelli
 di Tamiri il soggiorno; ove tu voglia
945col soccorso de' tuoi
 l'impresa assicurar, per tal sentiero
 rapir la sposa e a te recarla io spero.
 IRCANO
 Dubbia è l'impresa.
 SIBARI
                                       Anzi sicura; ognuno
 sarà immerso nel sonno, a quest'insidia
950non v'è chi pensi e incustodito è il loco.
 IRCANO
 Parmi che a poco a poco
 mi piaccia il tuo pensier ma non vorrei...
 SIBARI
 Eh dubitar non dei; fidati, io vado
 mentre cresce la notte
955il sito ad esplorar; tu coi più fidi
 dell'Eufrate alle sponde
 sollecito ti rendi.
 IRCANO
 A momenti verrò, vanne e m'attendi.
 SIBARI
 
    Vieni, che poi sereno
960alla tua bella in seno
 ti troverà l'aurora
 quando riporta il dì.
 
    Farai d'invidia allora
 impallidir gli amanti;
965e senz'affanni e pianti
 tu goderai così. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 IRCANO, poi TAMIRI, indi MIRTEO
 
 IRCANO
 Oh qual rossore avranno,
 se m'arride il destino,
 e Scitalce e Mirteo, Tamiri e Nino.
 TAMIRI
970Che si fa? Che si pensa? Ancor non turba
 il valoroso Ircano
 né pur con la minaccia i sonni al reo?
 IRCANO
 Hai difensor più degno, ecco Mirteo.
 TAMIRI
 Prence, che rechi? È vinto (A Mirteo)
975Scitalce ancor?
 MIRTEO
                              Si vincerà, se basta
 esporre a tua difesa il sangue mio.
 TAMIRI
 Il tuo pronto desio
 avrà premio da me.
 IRCANO
                                       Degno d'affetto
 veramente è Mirteo; rozzo in amore
980non è come son io; né sa gli arcani.
 È sprezzato e nol cura,
 è offeso e non s'adira,
 con legge e con misura
 or piange ed or sospira;
985e pure alla sua fede
 un'ombra di speranza è gran mercede.
 MIRTEO
 Nol niego.
 TAMIRI
                      Al nuovo giorno
 sarà forse mio sposo; ei non invano
 a mio favor s'affanna.
 IRCANO
990Fortunato Mirteo! (Quanto s'inganna!)
 
    Tu sei lieto, io vivo in pene;
 ma se nacqui sventurato,
 che farò? Soffrir conviene
 del destin la crudeltà.
 
995   Voi godete; io del mio fato
 vado a piangere il rigore.
 Così tutta al vostro amore
 lascerò la libertà. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 TAMIRI e MIRTEO
 
 MIRTEO
 Felice me, se un giorno
1000pietosa ti vedrò.
 TAMIRI
                                 Se di Scitalce
 pria non sei vincitor, tu di Tamiri
 possessor non sarai.
 MIRTEO
                                       L'avrei punito
 s'ei fosse in libertà. Nino lo rese
 suo prigionier.
 TAMIRI
                              Perché?
 MIRTEO
                                               Per vendicarti.
 TAMIRI
1005Per vendicarmi! E chi richiese a lui
 questa vendetta? Io voglio
 che il punisca un di voi.
 MIRTEO
                                              Libero ei vada,
 eccomi pronto.
 TAMIRI
                              A me lascia la cura
 della sua libertà, tu pensa al resto.
 MIRTEO
1010Ubbidirò ma poi
 stringerò la tua destra?
 TAMIRI
                                             Io mi spiegai
 abbastanza con te.
 MIRTEO
                                    Sì, ma potresti
 pentirti ancor.
 TAMIRI
                              (Quant'è importuno!) Ingiusto
 è il tuo timore.
 MIRTEO
                              Oh dio!
1015Così avvezzo son io
 invano a sospirar che sempre temo,
 sempre m'agita il petto...
 TAMIRI
 Mirteo, cangia favella o cangia affetto.
 Io tollerar non posso
1020un languido amator che mi tormenti
 con assidui lamenti,
 che mai lieto non sia, che sempre innanzi
 mesto mi venga e che tacendo ancora
 con la fronte turbata
1025mi rimproveri ognor ch'io sono ingrata.
 MIRTEO
 Tiranna, e qual tormento
 ti reco mai, se timido e modesto
 di palesarti appena
 ardisco il mio martir? Sola a sdegnarti
1030tu sei fra tante e tante
 al sospirar d'un rispettoso amante.
 
    Fiumicel, che s'ode appena
 mormorar fra l'erbe e i fiori,
 mai turbar non sa l'arena
1035e alle ninfe ed ai pastori
 bell'oggetto è di piacer.
 
    Venticel, che appena scuote
 picciol mirto o basso alloro,
 mai non desta la tempesta
1040ma cagione è di ristoro
 allo stanco passaggier. (Parte)
 
 SCENA X
 
 TAMIRI, poi SEMIRAMIDE
 
 TAMIRI
 E qual sul mio nemico
 ragione ha Nino? Io chiederò... Ma viene.
 Signor, perché si tiene
1045prigioniero Scitalce?
 SEMIRAMIDE
                                         A tuo riguardo.
 Voglio che a' piedi tuoi supplice, umile,
 ti chieda quell'altero
 e perdono e pietà.
 TAMIRI
                                    Gran pena invero.
 Eh non basta al mio sdegno. Io vuo' che il petto
1050esponga al nudo acciaro; io vuo' che sia
 la sua vita in periglio; e se un rivale
 sugli occhi miei gli trafiggesse il seno
 nel suo morir sarei contenta appieno.
 SEMIRAMIDE
 Ah mal conviene a tenera donzella
1055mostrar fuor del costume
 di brama sì tiranna il core acceso.
 TAMIRI
 Parli così perché non sei l'offeso.
 La sua morte mi giova.
 SEMIRAMIDE
 (Lo sdegno coll'amor venga alla prova).
1060Tamiri ascolta; alfine
 ho desio d'appagarti e già che vuoi
 Scitalce estinto, io la tua brama adempio.
 Ma non chiamarmi poi barbaro ed empio.
 TAMIRI
 Anzi giusto, anzi amico
1065chiamar ti deggio.
 SEMIRAMIDE
                                    In solitaria parte
 farò che innanzi a te cada trafitto.
 TAMIRI
 Sì sì. Del tuo delitto
 tardi ingrato da me pietà vorrai.
 SEMIRAMIDE
 Che bel piacere avrai del nudo acciaro
1070vedergli al primo colpo
 della morte il terror correr sul viso!
 Veder più volte invano
 la prigioniera mano
 sforzar le sue catene
1075per dar soccorso alle squarciate vene!
 Inutilmente il labbro
 vedrai con spessi moti
 tentar gli accenti, la pupilla errante
 i rai cercar della smarrita luce
1080e alternamente il capo
 a vacillare astretto
 or sul tergo cadergli ed or sul petto.
 TAMIRI
 Oh dio!
 SEMIRAMIDE
                  (Già impallidisce). Odimi, allora
 prima ch'affatto ei mora
1085aprigli il sen con le tue mani istesse.
 Allor...
 TAMIRI
                Non più.
 SEMIRAMIDE
                                   Strappagli allor quel core
 e poi...
 TAMIRI
                Taci una volta.
 SEMIRAMIDE
                                             (Ha vinto amore).
 TAMIRI
 A immagini sì fiere
 o qual pietade ho intesa!
 SEMIRAMIDE
1090Tu parli di pietade e sei l'offesa?
 TAMIRI
 Troppo crudel mi vuoi.
 SEMIRAMIDE
                                             Ma che vorresti?
 TAMIRI
 Vorrei...
 
 SCENA XI
 
 SIBARI e detti
 
 SIBARI
                   Come imponesti
 Scitalce è qui.
 SEMIRAMIDE
                             L'ascolterò fra poco,
 di' che m'attenda. (Sibari parte) E ben risolvi. A lui
1095condoni il fallo? (A Tamiri)
 TAMIRI
                                 No.
 SEMIRAMIDE
                                           Dunque s'uccida.
 TAMIRI
 Né pur.
 SEMIRAMIDE
                  Vedi ch'io deggio
 Scitalce udir, spiegami i sensi tuoi.
 TAMIRI
 Sì, digli...
 SEMIRAMIDE
                     Che?
 TAMIRI
                                 Dirai... Di' ciò che vuoi.
 
    Non so se sdegno sia,
1100non so se sia pietà
 quella che l'alma mia
 così turbando va.
 Forse tu meglio assai
 l'intenderai di me.
 
1105   Pensa che odiar vorrei;
 pensa che il reo mi piace.
 De' giorni miei la pace
 tutta confido a te. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 SEMIRAMIDE, poi SCITALCE senza spada
 
 SEMIRAMIDE
 S'avanzi il prigionier. Mi balza in petto
1110impaziente il cor; più non poss'io
 coll'idol mio dissimular l'affetto.
 SCITALCE
 Eccomi, che si chiede? A nuovi oltraggi
 vuoi forse espormi o di mia morte è l'ora?
 SEMIRAMIDE
 E come hai cor di tormentarmi ancora?
1115Deh non fingiamo più; dimmi che vive
 nel petto di Scitalce il cor d'Idreno.
 Io ti dirò che in seno
 vive del finto Nino
 Semiramide tua, che per salvarti
1120ti resi prigionier, ch'io fui l'istessa
 sempre per te, che ancor l'istessa io sono.
 Torna, torna ad amarmi e ti perdono.
 SCITALCE
 Mi perdoni! E qual fallo?
 Forse i tuoi tradimenti?
 SEMIRAMIDE
                                               O stelle! O dei!
1125I tradimenti miei! Dirlo tu puoi?
 Tu puoi pensarlo?
 SCITALCE
                                    Udite, ella s'offende
 come mai non avesse
 tentato il mio morir, com'io veduto
 non avessi il rival, come se alcuno
1130non m'avesse avvertito il mio periglio.
 Rivolgi altrove o menzognera il ciglio.
 SEMIRAMIDE
 Che sento! E chi t'indusse
 a credermi sì rea?
 SCITALCE
                                    So che ti spiacque;
 la tua frode svanì; dell'innocenza
1135i numi ebber pietà.
 SEMIRAMIDE
                                       Quei numi istessi,
 se v'è giustizia in cielo,
 dell'innocenza mia facciano fede.
 Io tradir l'idol mio? Tu fosti e sei
 luce degli occhi miei,
1140del mio tenero cor tutta la cura.
 Ah se il mio labbro mente
 di nuovo ingiustamente,
 come già fece Idreno,
 torni Scitalce a trapassarmi il seno.
 SCITALCE
1145Tu vorresti sedurmi; un'altra volta
 perfida m'ingannasti,
 trionfane e ti basti.
 Più le lagrime tue forza non hanno.
 SEMIRAMIDE
 In vero è un grand'inganno
1150a uno straniero in braccio
 sé stessa abbandonar, lasciar per lui
 la patria, il genitore.
 Se questo è inganno, e qual sarà l'amore?
 SCITALCE
 Eh ti conosco.
 SEMIRAMIDE
                            E mi deride! Udite
1155se mostra de' suoi falli alcun rimorso?
 Io priego, egli m'insulta;
 io tutta umile, egli di sdegno acceso,
 la colpevole io sembro ed ei l'offeso.
 SCITALCE
 No no, la colpa è mia, purtroppo io sento
1160rimorsi al cor; ma sai di che? D'un colpo
 che lieve fu, che non t'uccise allora.
 SEMIRAMIDE
 Barbaro non dolerti, hai tempo ancora.
 Eccoti il ferro mio, da te non cerco
 difendermi o crudel, saziati, impiaga,
1165passami il cor; già la tua mano apprese
 del ferirmi le vie. Mira, son queste
 l'orme del tuo furor; ti volgi altrove?
 Riconoscile ingrato e poi mi svena.
 SCITALCE
 Va', non ti credo.
 SEMIRAMIDE
                                  Oh crudeltade! Oh pena!
 
1170   Tradita, sprezzata
 che piango? Che parlo? (Da sé)
 se pieno d'orgoglio
 non crede il dolor.
 
    Che possa provarlo
1175quell'anima ingrata, (A Scitalce)
 quel petto di scoglio
 quel barbaro cor.
 
    Sentirsi morire
 dolente (Da sé) e perduta!
1180Trovarsi innocente!
 Non esser creduta!
 Chi giunge a soffrire
 tormento maggior? (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 SCITALCE
 
 SCITALCE
 Partì l'infida e mi lasciò nel seno
1185un tumulto d'affetti
 fra lor nemici. Il suo dolor mi spiace,
 la sua colpa abborrisco e il core intanto
 di rabbia freme e di pietà sospira
 e mi si desta il pianto in mezzo all'ira.
1190Così fra i dubbi miei
 son crudo a me, non son pietoso a lei.
 
    Passegger, che su la sponda
 sta del naufrago naviglio,
 or al legno ed or all'onda
1195fissa il guardo e gira il ciglio,
 teme il mar, teme l'arene;
 vuol gittarsi e si trattiene
 e risolversi non sa.
 
    Pur la vita e lo spavento
1200perde alfin nel mar turbato.
 Quel momento fortunato
 quando mai per me verrà?